Alla fine di Tehran

La maggior parte delle persone a Theran non consce Darvazeh Ghar. La gente arriva fino a Molavi Street per comprare qualcosa a buon prezzo e se ne va, ma basta prendere una delle viuzze che si addentra verso sud per rendersi conto che Darvazeh Ghar non è un posto qualsiasi: è il luogo dove le persone finiscono quando non hanno più la possibilità di vivere da qualche altra parte, l'ultima spiaggia di Theran. Storicamente uno dei quartieri più antichi di Theran oggi popolato dalle frange più deboli della società o chi della società non ne fa parte, come gli immigrati Afghani che fin dall'invasione sovietica dell'Afganistan nel 1979 continuano a rifugiarsi in Iran. Sono tra i 3 e 4 milioni gli afgani in Iran ma di questi neanche un terzo ha i documenti in regola. Essere rifugiati afghani significa essere soggetti a quotidiane discriminazioni e rimpatri forzati. Significa non poter possedere un'auto, una casa, un conto bancario, una assicurazione medica. Human Rights Watch riferisce che molti bambini afghani senza documenti affrontano ostacoli burocratici che impediscono di frequentare la scuola, in violazione del diritto internazionale.

A Darvazeh Ghar gli Afgani hanno occupato le case antiche e fatiscenti in cui gli Iraniani non vogliono più vivere e il quartiere sembra abbandonato a se stesso. Il senso di sicurezza dato dalla onnipresente polizia iraniana qua svanisce: i muri bruciati dai falò dei tossici che si riscaldano; piccoli incroci si trasformano in piazze di spaccio, i parchi per bambini invasi da tossici, e mentre le donne e i bambini pensano a mantenere la famiglia, lavorando fin dalla tenera età, gli uomini passano il tempo per strada, frugando nei cassonetti per raccogliere rifiuti da vendere per pagarsi la prossima dose. Ma i soldi non bastano mai alle famiglie che devono farsi carico di tutto, essendo esenti da qualsiasi sussidio statale, e allora spesso si ricorre alla prostituzione ed alla tratta minorile.