LuganoPhotoDays 2016
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Marina Spironetti
"Su Carresegare" - il Carnevale nell'entroterra sardo
Queste immagini, parte di un progetto più ampio sui rituali della Sardegna, raccontano gli antichissimi riti dionisiaci della società agro-pastorale sarda - e in particolar modo barbaricina. Le figure del Carnevale sardo, con le loro maschere antropomorfe e zoomorfe, le vesti di pelle di animali e i campanacci, hanno in comune la rievocazione di rituali misteriosi che affondano le loro radici nel Mediterraneo arcaico.
Le foto di questa galleria esplorano quattro carnevali distinti: quello dei Boes e Merdules di Ottana, Su Battileddu a Lula, Sos Thurpos a Orotelli e i Mamuthones di Mamoiada. In queste maschere tradizionali sono riscontrabili con evidenza le tracce di culti arcaici dedicati a Dioniso Mainoles, il dio nel suo aspetto di estasi ed ebbrezza. In Sardegna l'appellativo si è poi corretto in Maimone, termine che oggi indica genericamente il demonio, per via di una progressiva cristianizzazione che ha ridotto il dio pagano a immagine diabolica.
I Boes e i Merdules di Ottana descrivono situazioni, personaggi e ruoli della vita nei campi. I Boes - buoi, in italiano - indossano la maschera taurina che presenta decori e ornamenti realizzati con scalpello e coltello. La figura del toro, antica divinità punico-nuragica, simbolo di fertilità e forza vitale, è sempre presente nella civiltà del bacino mediterraneo. I Merdules simboleggiano l'uomo, indossano pelli di pecora bianche o nere e una maschera lignea antropomorfica. La rappresentazione si intreccia con celebrazioni antichissime, particolarmente quelle legate ai riti di Dioniso, che ogni anno rinasce a primavera risvegliando la terra e la vegetazione.
Sempre legate al mondo agropastorale sono anche Sos Thurpos di Orotelli. Con le facce dipinte di nero e vestiti di lunghi pastrani di orbace, i Thurpos - storpi, in italiano - impersonano i protagonisti della vita quotidiana del pastore.
I Mamuthones di Mamoiada rappresentano una delle maschere più conosciute del carnevale sardo, anche al di fuori dei confini dell'isola. Vestiti di pelli ovine, i Mamuthones indossano una maschera nera di legno e sulla schiena portano sa carriga, dei campanacci che possono raggiungere anche i 30kg di peso. Sfilano in danze estenuanti accompagnati dagli Issohadores, l'altra figura del carnevale mamoiadino, che invece indossano sgargianti costumi rossi. Le origini di questo carnevale sono oscure. Secondo alcuni, si tratterebbe di un rito di venerazione degli animali per proteggersi dagli spiriti maligni o per propiziare il raccolto. La parola mamuthones è stata anche ricondotta al greco maimon, che significa "colui che smania", riconducendo ancora una volta al culto di Dioniso. Da un punto di vista antropologico, il carnevale di Mamoiada, come in generale tutti i carnevali barbaricini, viene legato ai cicli della morte e della rinascita della natura.
Altro rito legato ad antiche tradizioni dionisiache è quello di Su Battileddu a Lula. Il Battileddu è la figura principale del carnevale di questo piccolo paese nel cuore della Barbagia. Vestito di pelli, ha il volto sporco di fuliggine e sangue, e indossa un copricapo con corna di animale. Seminascosto tra le vesti, cucito sulla pancia, porta lo stomaco di un animale, che viene bucato ripetutamente durante il rito, a simboleggiare riti agrari arcaici di fecondazione della terra con il sangue. In questo processo di morte e rinascita, il Battileddu è accompagnato da altre figure maschili mascherate - anch'esse con il volto dipinto interamente nero - che indossano l'antico costume delle vedove sarde. Questa tradizione, abbandonata nella prima metà del Novecento, probabilmente a causa della miseria e dei lutti provocati dalle guerre, è stata riscoperta e riproposta nel 2011, in un clima teso più che mai alla valorizzazione delle antiche tradizioni sarde.