LuganoPhotoDays 2015 Pro
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Linda de'Nobili
Uklì Bulà
Etiopia Gli hamer e la cerimonia del salto dei tori
La Cerimonia del Salto dei Tori rappresenta uno degli eventi più significativi e importanti della cultura hamer, nonché un evento chiave per tutte le comunità che abitano nel cuore della valle dell'Omo. Si tratta infatti dell’iniziazione maschile all’età adulta. In questa speciale occasione i giovani hamer sono chiamati a mostrare forza e coraggio saltando con agilità sul dorso di 7 tori, sistemati uno di fianco all'altro, da cui devono scendere e salire 4 volte senza mai cadere. Solo così la prova potrà dirsi superata e il “naala” diventerà un “daala”, ossia un uomo a tutti gli effetti.
Si tratta di un rito particolarmente lungo e complesso che si protrae fino al tramonto.
Durante la mattinata, nei pressi delle loro capanne, le donne cominciano a sistemarsi reciprocamente l’acconciatura dei capelli intessendo sottilissime treccine che successivamente spalmeranno di burro, resina, argilla rossa e polvere di ferro.
Intanto, in uno spiazzo libero da capanne e animali, altre donne iniziano a muoversi formando piccoli circoli che si stringono e si allargano freneticamente al suono di metalliche trombette dalle voci stridule. Corrono, si arrestano, saltano e ad ogni passo, i tipici campanelli che portano avvolti alle caviglie emettono piacevoli suoni, richiamando così l’attenzione di tutti per gli imminenti festeggiamenti.
Queste danze continueranno per tutta la giornata, con la sola eccezione del pranzo che consisterà in un semplice impasto di farina di sorgo e burro appena scottato sul fuoco e in diverse sorsate di birra locale.
Dopo il pranzo, espletati altri riti propiziatori, il ragazzo, circondato dai Maz, giovani che hanno già superato la prova e che potremmo considerare come una sorta di “padrini”, si avvia verso il luogo sacro dove avrà inizio la cerimonia vera e propria che si apre con il rito della fustigazione delle donne.
Sotto un sole cocente, tra nuvole di polvere, grida di incitamento e un frastuono di suoni e voci, le donne parenti del naala, con un braccio alzato chiedono con insistenza di essere frustrate mentre ballano e saltano di fronte ai Maz che se non disposti a farlo, vengono strattonati, inseguiti e scherniti.
Terminate le fustigazioni le donne tornano a danzare tra i suoni acuti e striduli delle trombette e il dolce tintinnio dei campanelli.
Poco dopo, mentre i Maz tentano di tenere a bada una mandria di buoi, le donne si portano danzando tra grida e suoni intorno al bestiame con l’evidente scopo di sfiancarlo e disorientarlo.
Alla fine, i Maz riescono ad immobilizzare 7 buoi che, tenuti fermi per le corna e per la coda, vengono disposti in fila l’uno accanto all’altro.
Il ritmo delle danze aumenta, le trombette emettono suoni sempre più acuti e, in un clima di crescente eccitazione, il “naala” completamente nudo e con una sottile corda vegetale incrociata intorno al petto che simboleggia l’infanzia che sta per abbandonare, si appresta ad affrontare l’importantissima prova.
Dopo una breve rincorsa, il giovane salta sul primo toro e in precario equilibrio passa al successivo e così via, senza mai cadere, sino a completare la prova che dovrà ripetere per 4 volte consecutive.
Solo così la prova potrà dirsi superata e il “naala” diventerà un “daala”, ossia un uomo a tutti gli effetti.
A partire da questo momento egli avrà un mese di tempo per trovare una moglie.
Finchè ciò non avviene, il daala, dovrà attenersi a una dieta rigorosa fatta esclusivamente di latte, miele, sangue e carne. La prescelta dal daala potrà diventare sua sposa solo dopo che il padre del ragazzo avrà pagato con buoi, capre e un kalashnikov, la famiglia della ragazza. Se la prova fallisce il ragazzo non potrà sposarsi e dovrà ripeterla l’anno successivo.
Al termine della cerimonia, tra la gioia di amici e parenti, tutti i partecipanti fanno rientro al proprio villaggio dove i festeggiamenti continueranno per due giorni e due notti.
L’Uklì Bulà è, in realtà, uno dei riti più radicati e controversi della cultura hamer.
Ciò che rende problematico questo rituale è l'usanza piuttostosto sconcertante della fustigazione femminile. Nonostante le ferite siano profonde e lascino cicatrici indelebili, tra le donne, nessuna si lascia sfuggire un lamento. Ostentare i segni delle scudisciate è, infatti, indice di coraggio, integrità e attaccamento alla famiglia, nonchè segno di devozione e affetto verso il ragazzo che sta per passare dall’adolescenza all’età adulta. Tale usanza molto cruenta e dolorosa svolge, però, anche un importante funzione sociale. Le cicatrici e il dolore sopportati rappresentano per le donne una sorta di credito verso il futuro Maz che, in caso di difficoltà delle stesse , sarà tenuto a prendersene cura.
Attualmente, le Autorità Governative etiopi sono decise a porre fine a questa tradizione brutale che evidentemente e non a torto, considerano una pratica di violenza gratuita che calpesta la dignità delle donne e che svilisce l’immagine di un Paese che si ritiene, invece, civile e moderno.
Il Governo, in questo tentativo, è sostenuto dalle varie associazioni locali che si battono per i diritti delle donne. Per ragioni diverse, però, non tutti sono d’accordo.