Project Detail: Cibodentro

Contest:

LuganoPhotoDays 2014



Brand:

LuganoPhotoDays



Author:

FABRIZIO (JOYKIX) LONGO

 

Project Info

Cibodentro

Joykix e l’ «inconscio ottico» del nostro cibo

Il fantasma della libertà. (Cibo dentro) di Joykix è come gettare uno scandaglio visivo dentro il rapporto che intratteniamo oggi con il cibo, ovvero con uno dei simboli (e dei sintomi) più potenti del nostro mondo e di noi stessi. Guardare dentro il cibo significa guardare in noi stessi, guardarci dentro. Una delle parole che testimonia questa identità del vivere umano con il cibo è la parola convivium legata a cum-vivere, «vivere insieme»: l’atto di mangiare rinvia al mangiare insieme e ciò a sua volta rinvia alla natura sociale dell’azione e della vita nel suo complesso, alla dimensione essenzialmente politica della sua libertà.

La comunanza e la congenericità dei singoli uomini nel cibo ci viene ricordata in una delle variazioni del mito greco di Dioniso: il dio venne divorato dai Titani e per questa ragione essi furono ridotti in polvere da Zeus; da questa polvere nacquero gli uomini, ma ognuno porta con sé in corpo un frammento di Dioniso. La stessa immagine rivive nell’eucarestia cristiana, l’essere uomini in senso più profondo può accadere solo prendendo parte alla sacra mensa, in cui si torna a mangiare il corpo e il sangue di Cristo.

Nonostante la dimensione rituale del convivium con tutta la sua forza simbolica continui a resistere, il baricentro del nostro rapporto con il cibo si è spostato su aspetti nutrizionali e igienici: nel sistema del lavoro planetario, il cibo è merce, un combustibile per far muovere la macchina umana. Il cibo stesso si muove per migliaia di chilometri, da un continente all’altro e per consentire questo spostamento dai luoghi di produzione agli scaffali viene congelato, imballato; così la vita di spinaci, carne, pesci, polli viene bloccata perché possa riprendere solo sul fondo delle pentole o di forni a microonde. Quali sono le geometrie, i colori, le superfici dell’alimentazione colta nella sua versione più igienicamente contemporanea? Come si presenta ai nostri occhi ciò che fa funzionare la macchina umana, un attimo prima che ritorni a ricordare in modo più o meno vago la vita da cui proviene?

Lo sguardo fotografico di Joykix penetra nei recessi di confezioni specchianti per cogliere un passaggio, un momento di sospensione di questa complessa filiera della produzione del cibo umano. Le immagini di Joykix colgono l’istante in cui il cibo è ancora dentro, dentro la busta, dentro forme algide e astratte che di lì a poco torneranno a somigliare a ciò da cui provengono, piselli, carote, gamberetti, polpette… L’occhio fotografico di Joykix coglie il punto celato, rimosso e nevralgico del processo di produzione del combustibile della macchina umana: a Joykix non interessano le sfavillanti immagini delle confezioni, né l’origine del cibo, ma quello stato intermedio che lo caratterizza incontrovertibilmente per le sue funzioni, attraverso le figure che ci appaiono affiorando alla superficie degli involucri. Le complesse storie di ricerca chimiche, fisiche, dietologiche, pubblicitarie ed economiche che stanno dietro a ogni singolo prodotto hanno forme e colori che Joykix ci rende visibili, prima che svaniscano inavvertite nell’irriflesso gesto quotidiano, come se nulla fosse successo, come se il rigido agglomerato ocra fossero solo patate, come se il blocco verdastro che si cela nell’involucro lucido dinanzi a me fossero davvero solo spinaci. La vita degli alimenti è stata forzatamente fermata, una volta che la confezione è stata aperta, la vita riprende, il combustibile torna a essere disponibile per far funzionare la macchina; ma qualcosa dentro il gelido sacchetto è successo. Prima che ci si dimentichino le storie che hanno portato fino a noi ciò che sta in quei luccicanti involucri protettivi, prima che quei prodotti tornino ad assomigliare più o meno vagamente alle piante o agli animali da cui derivano, Joykix punta lo sguardo a quelle sculture misteriose, anonime e raggelanti che costituiscono l’anello di congiunzione tra la vita di quelle piante e di quegli animali e le nostre vite. Lo sguardo di Joykix mostra quanto sia ancora vero ciò che diceva Walter Benjamin a proposito della fotografia, ovvero che può portare alla visibilità «l’inconscio ottico» dell’esistenza umana, ciò che tende a passare inosservato e che pure caratterizza in modo determinante la nostra vita.

Le fotografie di Joykix ci spingono con gli occhi e con i sensi a una distanza ravvicinata e inaspettata fino a farci sentire l’assenza di odore della vita bloccata del cibo, un’immagine in cui riconosciamo la nostra vita inceppata, il congelamento del nostro convivium, della nostra libertà e, allo stesso tempo, il luogo e le forme da cui ripartire.

Maurizio Guerri

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Aprire la confezione con cautela irrompendo nell'intimità della merce, fino a quel momento racchiusa e conclusa nel suo mondo. Una geografia irrompe nell'altra e la cancella. Ciò segna un inevitabile cambio di stato del cibo. E' un atto delicato ma feroce che ne porta alla luce la trama materiale, chimica e morfologica. L'atmosfera protetta e asettica dell'interno sigillato si apre all'ambiente contaminato del presente.

Aprire la confezione sigillata infilandovi la piccola fotocamera, troncando con la brutalità del flash la sua pace, significa risvegliare la merce al suo destino. Come la sequenza di Roma di Fellini, nella quale la talpa meccanica, durante lo scavo per il tunnel della metropolitana, irrompe nell'antica domus romana sepolta, interrompendone il sonno e facendo svanire i suoi sogni, le scene di uomini e déi dipinte alle pareti che si cancellano a contatto con l'elemento esterno dell'aria.

L'apertura della confezione mette a nudo le caratteristiche organolettiche della materia e consegna allo sguardo la sua nudità raggelata, liofilizzata, mentre la trama semiotica del brand, che ne garantiva la vitalità nella sfera della circolazione, il sogno della merce, si dilegua in una posizione marginale. La confezione, esaurito il suo protagonismo, diviene allora semplice cornice effimera, sfondo materico e non rappresentativo, prima dell'ulteriore metamorfosi che la farà transitare dalla dimensione del contenitore a quella dello scarto, del detrito, della degradazione a immondizia.

Più complesso sarà l'itinerario del contenuto svelato nel momento estatico dell'apertura. Il boccone non è ancora sulla punta della forchetta. Non siamo ancora al momento di sospensione del Pasto nudo. Di fronte all'obiettivo è la sua promessa, o premessa, i suoi materiali, messi in forma per rispondere all'esigenza di un'assoluta vacanza spazio-temporale: modularizzati e serializzati per essere infinitamente stoccabili e trasportabili; devitalizzati, tramite congelazione o disidratazione, al fine di accedere alla temporalità dilatata della conservazione.

La pretesa di eternità e ubiquità si infrange al momento dell'apertura della confezione. Nel qui e ora di quel gesto singolare i mutamenti atmosferici, anche minimi, di calore e umidità riattivano i processi biologici bloccati, impercettibilmente ma irreversibilmente. Quella materia riprende una vita segreta.

Il passo successivo saranno ulteriori permutazioni, che la sottrarranno alla sua declinazione modulare e seriale per farle assumere il volto dell'appetibilità e della familiarità.

Massimiliano Guareschi

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Il supermercato, la spesa, il cibo: comprare, scartare, conservare, cucinare e mangiare. La routine quotidiana del sostentamento in cui quasi non vediamo quello che mangiamo. Il cibo, dallo scaffale al piatto, è quasi sconosciuto.

Joykix punta l'obiettivo e guarda: lo scopre non come oggetto di appetibilità, desiderio e piacere ma nella sua nuda realtà di materia organica in via di rapida trasformazione. Materia proveniente dal mass-market, spogliata dalla pellicola superficiale rassicurante e accattivante del brand, restituita in uno stato di irriconoscibilità. Il cibo non è più lo stesso: privato, anzi liberato, dalla sovrastruttura massmediatica, si fa cosa.

È la rivincita della materia sulla merce che si sottrae e si affranca dal circuito produzioneconsumo per entrare in un ordine nuovo: il cibo-materia. Una materia opaca, che si dà nella sua alterità: svela il suo lato oscuro dilatandosi e atrofizzandosi, assumendo sembianze a noi estranee, sedimentandosi e ricomponendosi secondo geografie proprie: paesaggi deserti, concrezioni e sedimentazioni, residui di deflagrazioni, iper e ipotrofie che emergono dal buio primordiale, oggetti solitari abitanti di un universo parallelo.

Sono visioni chirurgiche, intrusioni in un tessuto estraneo, penetrazioni ed esplorazioni in mondi sconosciuti apparentemente desolati, in cui le leggi fisiche sembrano essere state stravolte per ragioni ignote.

Sogni incubi? o forse immagini che riaffiorano alla mente, ricordi di psichedelici viaggi interstellari o extra e intracorporei. Le suggestioni della fantascienza degli anni Sessanta e Settanta, Viaggio Allucinante di Richard Fleisher, o Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick, ma anche l'evocazione della terra di nessuno in Stalker di Andrej Tarkovskij, e la visionarietà di Eraserhead di David Lynch, che aprono dimensioni misteriose e inafferrabili.

Rossella Moratto

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