Women photographers exhibition 2016
LuganoPhotoDays
Anna Sambo
Come posso dirti
Reportage, perché tutti I passi fatti mi hanno portato qui – Dall’Africa al Medio Oriente, passando dai Balcani
La vita e’ fatta di musica e immagini – colori, luce
La mia vita e’ fatta di relazioni. Come quella di tutti, e’ fatta di passi.
Sono antropologa, ho studiato, guardato, scritto e poi lavorato, prima in azienda, nel settore della Responsabilità Sociale di Impresa per Eni – in Italia e in Congo – poi sono partita, volevo partire, per stare piu vicina a cio’ che stavo conoscendo, l’Africa. Cosi ho iniziato a lavorare nel settore della cooperazione internazionale e dell’aiuto umanitario, prima in pace, poi in guerra, Sud Sudan, Serbia e Macedonia, ora Medio Oriente (Libano, Giordania, Irak, Siria). Ho 38 anni. Scrivo e uso la fotografia per guardare meglio cosa ho di fronte. Per avere il tempo della fotografia per guardare i dettagli, per non perdere nulla.
Ho sempre pensato che la differenza, per la mia felicità, la facesse il posto in cui ero. Geograficamente parlando. E invece si tratta di luoghi, fatti di persone, che possono essere in punti diversi di questa terra e in punti diversi del tempo. Un caro amico di recente diceva che il Medio Oriente e’ come la trama di un tappeto. Non ha dei confine geografici precisi. E’ una relazione, un filo, una trama, appunto.
Così la mia vita. Così ad un certo punto riguardando le fotografie e ripensando alle persone, ai volti, alle parole dette e a quelle non dette, mi accorgo che e’ tutta ricchezza. Ed e’ tutto con me, sempre.
Un reportage delle tracce dei passi fatti per arrivare qui – temporalmente parlando.
Sono partita più di 10 anni fa per l’Africa, innamorata di lei. Ci sono stata, fino a conoscerne il luogo più estremo, dove nemmeno trovi la musica e I colori dell’Africa di cui si sente parlare. Il Sud Sudan. Così queste fotografie parlano di facce che sono con me, da allora. Dall’africa, al Medio Oriente, passando dalla tragedia dei migranti, inverno 2015, primavera 2016, Serbia, Macedonia. Le donne al confine, contro vento, sole con i bambini, ma insieme a nuove comunità costituitesi durante il Viaggio. Un viaggio che costringe a cambiare tutto, a lasciare tutto, ed e’ l’estrema prova per capire cosa ami. E’ l’estrema prova per capire che un futuro lo vuoi, costi quel che costi.
E così i volti delle donne del Meeting Point International di Kampala, Uganda, conosciute nel 2010, ritrovate nel 2014. Donne salvate dall’esercito di Kony, quello che schiacciava le vite di donne e bambini, nel nord Uganda. Un luogo che parla di bambini soldato e donne schiave per l’esercito. Scappate, scampate, con il marchio del HIV contratto in quel nord di foresta armi e violenza spietata. Rinate perché Rose le guarda con, negli occhi, il loro futuro, con negli occhi il loro valore, anche con quella malattia. E loro cantano, ballano, una gioia che ti strazia il cuore, eppure e’ reale, e proprio per questo e’ sconvolgente.
E ancora donne, bambine, nelle scuole del Sud Sudan, piedi nel fango, o in attesa di una vaccinazione all’ospedale di Isohe, che fornisce cure immezzo alle montagna del Sud Sudan. Robe dell’altro mondo. Donne sulle strade di Gerusalemme, al sole, nonostante la Guerra. Francesco, una faccia amica, come tante altre, nei 3 anni del Sud Sudan. E infine un bambino, seduto in un’aula di terra. Per terra. La sola cosa che conta e’ lo struggimento per l’umano, che non ti fa stare lontano da questi corpi, facce, pensieri, uomini, donne, bambini.